Egregio Signor Prefetto di Siracusa,
Egregio Signor Procuratore della Repubblica di Siracusa
Egregia Signora Sindaco di Augusta
sono un cittadino residente ad Augusta.
Ho deciso di scrivervi questa lettera “per mettervi a conoscenza”
della gravissima situazione di disagio vissuta ormai da diverso tempo non solo a livello
personale, ma anche condivisa da gran parte (se non di tutta) della popolazione
di Augusta ed anche dei paesi limitrofi già elencati dal Ministero dell’Ambiente
nel decreto del 30 novembre 1990, le cui disposizioni, in merito alla tutela
della salute e al rispetto ed alla salvaguardia dell’ambiente, ritengo, che
siano state largamente e palesemente disattese, quasi in aperto disprezzo di
ogni normativa non solo legale, ma, soprattutto, etica.
Ormai, ripetutamente, da tanti anni, ad ogni ora del
giorno e della notte, sia che stiamo fuori di casa sia che si tengano sbarrati
– anche d’estate – gli infissi delle nostre abitazioni, avvertiamo
distintamente i “cattivi odori” che provengono dal vicino ed esteso polo
petrolchimico.
Avarie continue (accidentali o meno), fuoriservizi
ripetuti, effetti e conseguenze imprescindibili legati alla manutenzione degli
impianti, denunciati e giustificati spesso per ovvii motivi di sicurezza solo a
voi, ma non a noi cittadini, ed altre spiegazioni più o meno credibili o condivisibili
stanno pesantemente turbando, da decenni, la vita di intere comunità.
Da molto tempo non viviamo più in quella condizione di serenità
e sicurezza che l’applicazione delle leggi dello stato dovrebbe consentire,
così come vediamo crescere ancor di più l’altissima incidenza di particolari
patologie, che stanno facendo soffrire e, purtroppo, morire tanti abitanti del
luogo.
Ometto di parlare nel dettaglio delle altre situazioni
che creano altro grave disagio alla popolazione (smaltimento rifiuti, mancate
bonifiche, discariche, inquinamento marino, mancanza di depuratori, ecc) perché
sono sotto gli occhi di tutti, anche i vostri.
La questione della tutela della salute nel nostro
cosiddetto “quadrilatero”, già oggetto a vari livelli di numerosi e qualificati
studi scientifici, è certamente nota da tempo anche a voi Istituzioni a cui è
indirizzata la presente missiva.
Ne sono prova certamente le tantissime segnalazioni alle Istituzioni
di cui siete a capo, fatte in questi anni, mediante manifestazioni, esposti, telefonate,
e-mail e l’uso del web ogni qual volta la situazione diventi insostenibile.
Noi adulti, in qualche modo, riusciamo a fatica a gestire
questa emergenza continua, ma come possiamo spiegare e far capire ai più
piccoli la gravità della situazione? Ma soprattutto come possiamo proteggerli dall’inquinamento
e dalle sue subdole conseguenze?
Alla luce di quanto si discute in merito a queste vicende
come tra amici o come avviene in qualche pubblica sala in occasionali, ma,
spesso inutili pseudo-convegni tenuti da probabili asserviti relatori, convegni
che si riveleranno nel tempo scaltre passerelle di esponenti politici,
sindacali o amministratori, è ancora accettabile l’idea che questa grave
situazione sia diventata tecnicamente ingestibile e, forse, anche irreversibile?
Oppure tutto questo farebbe parte di un piano preciso e preordinato mirante a
tutelare i soli interessi economici delle aziende, magari agitando sulla
popolazione la minaccia della chiusura del petrolchimico e sugli operai lo
spettro del ricatto occupazionale?
Esiste in uno stato veramente democratico il diritto alla
interlocuzione tra cittadini ed istituzioni? Esiste il diritto ad informare ed
essere informati (correttamente)? I cittadini hanno diritto ad avere una
risposta alle loro istanze legittimamente e pacificamente avanzate? Oppure la
trasparenza in questi casi è un optional, anziché un dovere?
In talune situazioni, in altre parti d’Italia, paradossalmente,
sono bastate poche firme su una petizione o solo qualche articolo sulla stampa
locale per smuovere le istituzioni e ri-ottenere i diritti negati.
In questi anni abbiamo inviato ai vostri indirizzi petizioni
con migliaia di firme, migliaia di e-mail, vi abbiamo tempestato di telefonate,
anche di notte quando tutti gli uffici delle vostre Istituzioni era chiusi;
eravamo chiusi anche noi nelle nostre abitazioni eppure abbiamo continuato a
sentire i miasmi del petrolchimico e ci siamo svegliati nel sentire bambini che
piangevano accusando disturbi alle vie respiratorie, mentre a noi adulti
bruciavano gli occhi e la gola: erano invece aperti nelle stesse ore gli
scarichi in atmosfera dell’industria, ma alle nostre richieste, molto spesso,
ci siamo sentiti rispondere che a quell’ora gli uffici competenti erano chiusi
o non c’erano tecnici o forze dell’ordine disponibili o pronti a verificare
quanto stesse accadendo per intervenire a individuare i colpevoli.
Potrebbe sembrare una battuta ironica: il progresso è “inarrestabile”.
Forse il “vero progresso”, sì, ma chi
spaccia per progresso la libertà di inquinare impunemente, no.
Purtroppo, la storia di questa nostra provincia, nel
passato, ha annoverato “processi fantasma” ed è recentemente balzata agli onori
della cronaca nazionale con il cosiddetto “sistema Siracusa”, mentre
l’inquinamento, purtroppo, era reale ed
ha colpito duramente in maniera eclatante, senza fare distinzione di età,
condizione sociale, politica, ecc.
Care Istituzioni, quando riuscirete a dare “risposte vere
e libere” alle pressanti richieste dei cittadini che chiedono solo sicurezza e
serenità? Oppure continuerete a rimanere irraggiungibili e nascondervi dietro
le vostre scrivanie davanti alle quali solitamente passano i rappresentanti dei
poteri forti, i furbi e i potenti?
Desideriamo, in forza del diritto-dovere all’interlocuzione,
anche noi essere presenti davanti ai vostri tavoli o scrivanie quando dovrete e
dovete prendete a nome nostro decisioni che riguardano il nostro futuro, la
nostra terra, la nostra salute e la nostra vita.
Vorremmo evitare situazioni di conflitto tra cittadini ed
Istituzioni per tutelare i nostri diritti, ma non vorremmo neppure che la
nostra ferma, ma civica e pacifica richiesta di aiuto a tutela della salute
fosse interpretata come debolezza.